Il mondo del calcio sta per salutare un volto molto noto e criticato negli ultimi tempi: Damiano Tommasi, ex presidente dell’AIC, dice basta. Come confessato in un’intervista rilasciata al quotidiano sportivo Il Romanista, l’ex calciatore della Roma è pronto a lasciare definitivamente il calcio ed iniziare una carriera da insegnante.
Una telefonata in tarda notte
“Nel corso della giornata per me è un po’ complicato. Ma possiamo sentirci sul tardi, anche dopo cena. O la mattina prima delle otto. Se mi sento in vacanza? Dipende che intendi. Se mi porti alle Maldive io non mi sento in vacanza. Diciamo che, per sentire comune, sono a casa”.
Niente più tempo libero e una scuola da mandare avanti
“Il mio allenatore, qui a Sant’Anna, mi ha rimproverato. ‘Damiano, dovresti venire ad allenarti’. Ha ragione, ma è stato un periodo difficile e proprio non sono riuscito. Se ho tempo libero dalla mia dimissione da presidente dell’AIC? Con la scuola? Con quello che è diventata? È la mia vita di adesso. Mia moglie e la sorella nel 2001 aprirono un asilo nido, qui in Valpolicella. Noi vivevamo a Roma in quel periodo, quindi la portò avanti essenzialmente mia cognata. Quando siamo tornati stabili a vivere a Verona nel 2010 dovemmo decidere se chiuderla, venderla o procedere a una ristrutturazione allargando il progetto fino ai bambini da 3 a 6 anni. Con l’altro socio, e sua moglie, decidemmo di investire sulla base dell’idea di scuola che avevamo sperimentato vivendo a Valencia, con una serie di concetti da introdurre ma che fosse innanzitutto bilingue, con metà delle ore in italiano e metà in inglese, partendo dal presupposto che l’inglese per impararlo davvero bene devi apprenderlo nei primissimi anni della tua vita, come è ormai scientificamente dimostrato. Sai che se impari una lingua straniera dopo gli otto anni di età, difficilmente riuscirai a riprodurre perfettamente la fonetica come un madrelingua? Per noi la scuola italiana dovrebbe essere così”.
Il pensiero sugli studi
“Io sono anche il responsabile legale e ho scoperto che, di conseguenza, avrei dovuto essere il dirigente scolastico. Quindi nel 2015 mi sono iscritto all’Università, Scienze della formazione primaria. E ora devo concentrarmi un po’ sugli studi perché sono un po’ in ritardo. Pensavo di terminare nel 2020, in coincisione con la scadenza del mandato con l’Aic, in realtà tra elezioni federali, i casini in Assocalciatori, il Covid ecc. non mi sono concentrato su questo come speravo. Non ho obbligo di presenza, ma di fatto è un corso che lavora sull’esperienza, parecchi esami hanno laboratori obbligatori di tre giorni consecutivi, e non riuscivo mai ad esserci. Mi mancano ancora un paio d’anni”.
Il distacco dal calcio
“Dall’associazione ho lasciato tutti gli incarichi. Lo dovrò fare anche formalmente in Consiglio Federale e in Fifpro, l’associazione internazionale dei calciatori. Ma al momento direi di sì. Mi stacco”.
E in caso di chiamata?
“Diciamo che ogni tanto c’è chi tira la giacca, mi chiede di impegnarmi su una cosa o su un’altra. Ma mi chiedo sempre se sono progetti autonomi o progetti che hanno bisogno di Damiano Tommasi. Io credo nei progetti, ma non in quelli che senza di me fallirebbero. Altrimenti significa che non sono progetti validi”.
Il meeting di Rimini: una presenza senza senso
“Qualche giorno fa sono stato al Meeting di Rimini a raccontare di un bel progetto di solidarietà tra i popoli attraverso il calcio, promosso in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ma ho dovuto anche spiegare che la mia presenza non aveva senso. Per portarlo avanti serve l’Aic, non Damiano Tommasi. Io non ci sono più dal 30 giugno. La forza del progetto è che ci credano in Aic. Idem in Fifpro: io ci sono a rappresentare il mio paese visto che siamo uno dei cinque membri permanenti, ma dobbiamo essere importanti non perché ci sia io, ma per l’importanza che ha il paese nel sistema decisionale”.
Chi lo succederà in AIC?
“Te lo dico sinceramente. Non voglio parlare della mia successione in Aic, non sarebbe corretto. Ma sei sicuro che poi Tardelli si candidi? Da quando mi sono dimesso non si è più sentito”.
Il Tommasi “disturbante”
“Io non ho più letto una polemica contro l’Aic sui giornali dal 1° luglio. In questo senso le mie dimissioni sono state una cosa molto positiva. Ho cercato di fare del mio meglio”.
La storia dell’AIP
“Io sono tra i tre soci fondatori di Aip, l’Associazione Italiana Pallavolisti. Nata due mesi fa. Il segretario generale è di Verona, mi ha chiesto aiuto. Ho spiegato loro che la prospettiva dell’atleta deve essere una: restar fuori dai giri dei presidenti federali. Banalmente, per farti capire, ti dico che nella lista di ogni presidente federale ci sono già i consiglieri, anche degli atleti. In pratica, gli atleti che sono nei Consigli Federali sono già allineati a quel presidente. Quindi gli atleti poi devono solo pensare a portare a casa i trofei. L’Aic è stata l’unica ad affrancarsi da questo meccanismo. Io sono entrato nel Consiglio Nazionale del Coni perché c’era una partita apertissima, perché il Consigliere calciatore è indipendente e di solito non lo permettono”.
Indipendenza di pensiero non tollerata
“Io ho cercato sempre di rappresentare altra cosa rispetto alle dinamiche che immobilizzano lo sport. E l’Aip sta incontrando queste difficoltà. Temono un nuovo cavallo pazzo. E torno a un vecchio discorso: tutti i rappresentanti degli atleti devono essere eletti solo dagli atleti, non “anche” dagli atleti. Altrimenti addio indipendenza”.
La competizione economica con i club
“Basta un’offerta di un club e ti porta via un dirigente che magari può essere importante per la crescita. Guarda ad esempio con Morgan De Sanctis. Come potremmo competere a livello di offerte economiche con i club? Ma non solo con i club. Anche Sky è molto più competitiva di un’associazione sindacale. Non potremmo mai formare manager forti e ben pagati”.
I nomi per crescere
“Io ho provato a costruire, ma poi la Roma mi porta via De Sanctis. Ma vale anche per la Fifpro. Che ha più di 100 milioni di euro di patrimonio. Potrebbero permetterselo un Figo, un Seedorf, un Rummenigge, magari stipendiato come lo stipendia il Bayern Monaco. Allora sì che daresti un peso al ruolo. Immagina che forza avrebbe uno come lui. Un giorno Totti per difendersi chiamò la Buongiorno, ecco, da lì è cambiato tutto. Tu che fai, ti presenti con il segretario dell’associazione? Devi avere almeno un Grassani. Aic e Fifpro questi soldi li avrebbero e potrebbero permetterselo”.
Quante offerte rifiutate
“Ho rifiutato tre volte offerte importanti. E senza che fossimo neanche arrivati a parlare di stipendio, avrebbero quintuplicato o decuplicato i miei guadagni in Aic. E come avrai letto, in certi pezzi ispirati nelle ultime settimane del mio mandato, quei guadagni vengono persino considerati alti. E per me invece dovresti avere quattro o cinque dirigenti molto ben pagati, proprio per credere nel percorso”.
Il perché dei rifiuti
“Non mi sembrava etico nei confronti di chi mi aveva votato. Mi danno un mandato per minimo quattro anni e io magari mollo a metà? Allora avrebbero potuto votare un altro”.
Il coronavirus e il problema “ripartenza”
“In quanti volevano fermarsi? Tanti, molti più di quello che pensiamo. Ma bisognava per forza riprendere, altrimenti sarebbero venuti meno i famosi ricavi”.
L’incertezza il male peggiore
“Per me la cosa peggiore era l’incertezza. Me lo confermava anche un amico analista finanziario che lavora in Inghilterra. Il business è ucciso dall’incertezza. Molto meglio un evento negativo su cui riprogrammare che l’incertezza. Qui le conseguenze di giocare a questi ritmi si sono viste solo in parte. Il resto lo scopriremo. Finire il campionato è stato positivo, ma la ripresa? Io ho giocato un campionato mondiale e so come ci si sente dopo. Qui il mondiale lo hanno giocato tutti, senza gli stimoli che un’esperienza del genere ti regala. Anzi, molti hanno vissuto periodi anche molto frustranti. E per rispondere alla tua domanda, comunque una soluzione sarebbe stata mediare sui contratti: avrebbero firmato tutti i presidenti”.
La fiammata contro Lotito
“Non tutti, però, avrebbero firmato; tutti tranne quelli che pensavano di poter vincere lo scudetto. Che alla ripresa del campionato però si sono subito arenati”.
Le possibilità di riprendere nel calcio
“Non lo so, non escludo niente a priori. Per prima cosa, la persona o il gruppo di persone che mi dovessero offrire qualcosa dovrebbero essere persone a me affini, per farmi avere la voglia di impegnarmi in un progetto o in un lavoro. Dovrei stimare molto chi me lo propone. Sarà l’età o l’esperienza del lock down, ma se devo sacrificare tempo per la mia famiglia deve valerne davvero la pena. E l’altro elemento è quello che andrei a fare: se è una cosa che non ho mai fatto è una proposta di un percorso e al momento lo ritengo sufficientemente intrigante. Se è una cosa che già so fare, non dico che sarebbe meno intrigante, ma insomma…”.
L’esperienza in AIC
“L’esempio calzante è il mondiale che ho vissuto, da protagonista. Ne sono molto orgoglioso, è stato un traguardo professionale fondamentale, importantissimo. Per come è finito mi è rimasto l’amaro in bocca per quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Quella squadra era forte. Anche allora ho dato il 100%, e raccolsi più di quello che avrei pensato, se devo pesare le mie qualità. E non sono neanche mai stato sostituito. Ma poi la nostra esperienza è valsa a quelli del 2006 che il Mondiale lo hanno portato a casa. Allora questo è il mio auspicio”.