Era il 2 maggio di due anni fa e, per Roma e la sua gente, non si trattava di un giorno qualunque. Era un mercoledì e, come di consueto nel calcio, voleva dire solo una cosa: notte di Champions League. Alle 20.45, infatti, allo stadio Olimpico andava in scena il ritorno della semifinale della Coppa dei Campioni tra i padroni di casa della Roma e gli inglesi del Liverpool. Un match dal sapore amaro sopratutto per chi, in mente, aveva ancora quella notte di quasi 34 anni prima: stesso luogo, stesso avversario, stessa competizione e…stesso destino.
Verso Roma-Liverpool
Le premesse per quella semifinale non erano certo delle migliori: l’andata, giocata nella bolgia di Anfield, si era conclusa con un perentorio 5-2 per la squadra d’ oltremanica. Dunque, i giallorossi capitolini erano chiamati all’ennesima rimonta, la terza dopo quelle contro Shakhtar Donetsk e Barcellona dei turni precedenti. Quei due goal segnati in trasferta da Edin Dzeko e Diego Perotti davano fiducia sia ai tifosi che alla squadra, ma nessuno era ancora in grado di sapere che si sarebbe presentato un ostacolo troppo grande da sormontare.
La formazione e il direttore di gara
La Roma non cambia troppo rispetto alla sfida della settimana precedente: 4-3-3 con Alisson in porta e linea difensiva a 4 composta, da destra verso sinistra, da Florenzi, Manolas, Fazio e Kolarov. A centrocampo, al posto dell’infortunato Strootman, gioca Lorenzo Pellegrini e, a supportarlo, ci sono capitan De Rossi e Nainggolan. L’attacco, invece, presenta un tridente di importante caratura: Schick ed El Sharaawy esterni offensivi al fianco dell’unica punta, un gigante bosniaco con il numero 9 sulle spalle. Una squadra da sogno che scende in campo per conquistarsi una finale altrettanto da sogno. Un team che, fino ad allora, traballava in trasferta ma era un rullo compressore tra le mura amiche. Zero goal subiti in 5 gare casalinghe della competizione e 8 segnati in altrettante uscite.
L’arbitro della partita era lo sloveno Damir Skomina e le decisioni che (non) prese nel corso del match desteranno scalpore anche negli anni successivi.
Inizio shock: Liverpool in vantaggio
61.889 anime colorano lo stadio Olimpico di giallo e rosso e Roma e Liverpool sono pronte ad affrontarsi pallone su pallone in mezzo ad una vera e propria bolgia.
I padroni di casa, infatti, ci credono fin da subito con un destro dai 20 metri circa di Florenzi che sfiora il palo, ma si perde sul fondo.
Dopo soli 9 minuti, però, Nainggolan regala un pallone sanguinoso a Firmino nel tentativo di girarlo a De Rossi, il brasiliano intercetta e vola verso l’area avversaria, tocca per Mané che con un destro ravvicinato batte Alisson e porta avanti i suoi. 1-0 e finale di Champions che si allontana dalla Capitale.
La Roma pareggia, ma il Liverpool è più cattivo
La squadra di Di Francesco non molla e, 6 giri di orologio più tardi, Lovren spazza una sponda di testa di El Sharaawy e, per puro caso, trova il volto di Milner con il pallone che carambola nella porta di Karius. 1-1 e tutto ancora in gioco.
Gli inglesi non possono demoralizzarsi in questa fase, tant’è che riescono a segnare la rete dell’1-2 al minuto 25 grazie ad un colpo di testa di Wijnaldum su assist involontario di Dzeko. L’impresa, adesso, diventa una vera e propria crociata per i lupi, i quali dovranno segnare altri 4 goal per acciuffare, quantomeno, i tempi supplementari.
Il primo tempo si chiude così: 1-2 per gli uomini di Klopp che quasi riescono a toccare il pass per la finale di Kiev.
Il primo disastro di Skomina
La seconda frazione vede il dominio della Roma condito dai disastri di Skomina e dei suoi assistenti. Il primo lo troviamo al 4° minuto, quando Pellegrini lancia Dzeko verso la porta, entra in area di rigore, prova ad aggirare il portiere Karius e viene steso dallo stesso. Si sente un fischio: calcio di rigore? No, fuorigioco del bosniaco alquanto dubbio per non dire inesistente.
Dze-gol, giallorossi ancora vivi
Tutto questo, però, non ferma i giallorossi, i quali trovano il punto del 2-2 sempre con il numero 9 che deposita in fondo al sacco una corta respinta dell’estremo difensore tedesco. La curva sud canta ancor più forte, perché tutto è ancora possibile quella notte.
Alexander-Arnold la toglie dall’incrocio
Passano i minuti e la squadra capitolina si fa sempre più viva nell’area del Liverpool, ma al 62° giro di orologio accade un qualcosa di inverosimile: El Sharaawy spara un destro verso la porta a botta sicura nell’area piccola e Alexander-Arnold si trasforma in Benjamin Price e vola a respingere a mano aperta in angolo. Per il direttore di gara sloveno è tutto buono, si può proseguire; incredibile ma vero. Da quel momento, migliaia di tifosi romanisti iniziano a capire che la finale l’avrebbero guardata in televisione e senza i loro beniamini in campo.
Nainggolan fa doppietta, ma non basta
Il tempo scorre e i giallorossi segnano per ben due volte verso la fine della gara con Nainggolan: prima con un destro ben calibrato dalla lunetta appena fuori l’area di rigore e poi con un penalty.
Non c’è più tempo, finisce la partita con la Roma che batte il Liverpool per 4-2. Risultato bello, meritato, ma che non basta; in finale ci vanno gli avversari. L’immagine della serata non può che essere quella di Florenzi in lacrime senza maglia sotto la Sud, una chiaro riflesso dell’anima del tifoso romanista a seguito di quei 90 minuti più recupero.
I postumi
Curioso come esattamente due giorni dopo il triplice fischio di Skomina sul match, nel mondo della musica, sia approdato un singolo che avrebbe scalato le classifiche di tutto il mondo e che, sopratutto, contenga una frase che avrebbe descritto in pieno l’animo dei tifosi giallorossi anche ad anni di distanza. Il brano, un misto fra alternative R&B e pop rap, si intitola “Lucid dreams” ed inizia con questo enunciato: “I still see your shadows in my room”, letteralmente tradotta in “vedo ancora le tue ombre nella mia stanza”. Appare ovvio che il cantante Juice Wrld volesse dedicarla ad un amore finito, ma per il supporter romanista l’interpretazione potrebbe essere fatta anche in chiave diversa.
L’interpretazione del tifoso romanista
Sappiamo tutti la fine che avrebbe fatto quella Roma, capace di mettere paura a tutta l’Europa calcistica, nell’estate appena successiva a quella semifinale. Ebbene, vanno via Alisson direzione Liverpool (neanche a dirlo), Nainggolan va all’Inter e Strootman vola a Marsiglia. Quei tre uomini che hanno letteralmente trascinato la lupa quasi fino in fondo alla competizione più prestigiosa del continente grazie al loro cuore, alla loro grinta e al loro talento non ci sono più. Il team, la stagione successiva, crolla e non incanta per niente: arriva 6° in campionato ed esce agli ottavi di Champions in rimonta per mano del Porto. Di quel gruppo affiatato resta davvero poco, quasi nulla forse e al tifoso giallorosso, quindi, tornano davanti agli occhi le ombre di quella squadra che li ha portati ad un passo da un sogno meraviglioso. Si chiede il perché di questa involuzione, ma delle volte le risposte è meglio non cercarle. Quando tornano dei bei ricordi si devono vivere con un sorriso sulle labbra, senza interrogarsi su nulla. Non importa quante volte si ripresentino, la chiave per conviverci resta sempre e solo una: sorridere.