Oggi avrebbe compiuto 33 anni. Oggi fa male più che mai ricordare un uomo, serio e lavoratore come pochi. Ieri abbiamo imparato ad amarlo, a volergli bene, pure noi che non tifiamo per la Viola.
Il 4 marzo di mai
Sotto sotto ci rifiutiamo di ricordare come è morto Davide Astori, per l’assurdità del fatto. È mai possibile che un atleta, un campione come lui possa non essere stato tenuto sotto controllo abbastanza?
Parliamo di un calciatore professionista, con lo stato di salute perennemente monitorizzato non da un medico di base, ma da un intero staff qualificato. Parliamo di un atleta convocato dalla rappresentativa nazionale del proprio Paese ed ancor più sotto la lente di ingrandimento. Quanti sono riusciti a darsi pace, a dare una risposta logica per giustificare la sua morte? Nessuno di sicuro.
Quel maledetto 4 marzo doveva essere ricordato solo per l’inizio della presidenza americana di Abramo Lincoln e non per altro. Ci hanno fatto imparare tre parole terribili: cardiomiopatia aritmogena silente che ancora non capiamo ma che ci uccidono ogni volta.
Chi era Davide?
Non vogliamo ricordarlo come un ottimo difensore, amato ovunque avesse giocato e soprattutto rispettato da ogni avversario, ma per il suo essere una persona unica.

Davide nonostante la splendida carriera che si era costruito, era rimasto un ragazzo semplice. Non è una frase fatta ma la verità. Certo, è facile parlare bene di una persona tragicamente scomparsa, ma Davide agevola il compito di chiunque lo faccia. Un difensore roccioso e difficilmente battibile ma uno che ha sempre creduto nei valori dello sport, primo fra tutti il rispetto per l’avversario.
Di sicuro non avrebbe voluto che la sua scomparsa avesse causato così tanto rumore, data la sua timidezza, il suo essere schivo ed antipersonaggio.
Continuare, ricordandolo
Tempo fa si sosteneva che il numero 13 portasse fortuna. No, non è stata di certo la sfortuna ad aver portato via Davide, semmai l’uomo che pur di renderlo abile ed arruolato, ometteva determinati esami, che evitava di “perdere tempo” con analisi mediche.
Il numero 13 a Firenze non si vedrà mai più scendere in campo stampato sulla casacca viola, ma rimarrà per sempre impresso nei cuori della gente e non sul tessuto.

Ricordare Astori proprio oggi fa anche rabbia, più del solito, osservando in che razza di pantano sia sprofondata la Fiorentina, come abbia perso forse gioco, testa e di sicuro l’anima.
È sicuramente il momento di lasciare che un allenatore di temperamento e di cuore come Beppe Iachini riesca a mettere insieme i pezzi ed a far rendere la Fiorentina come merita. Seguire un esempio per riemergere in classifica?
Non bisogna andare lontano per trovarlo: è sempre sulla trequarti difensiva al Franchi, dove altrimenti?