Casa a Giugliano, niente insegnante di italiano, incomprensioni tattiche: perché Lindstrom ha fallito a Napoli

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Avete presente una storia, potenzialmente bella, ma pensata e nata nel momento più sbagliato possibile? Ecco, se non avete l’idea, chiedete al Napoli e a Lindstrom. Il trasferimento dall’Eintracht Francoforte agli azzurri si è rivelato un grandissimo buco nell’acqua nonostante le indubbie qualità dell’esterno danese. Tanti si pongono lo stesso semplice quesito: perché è andata così male? Vi sveliamo i retroscena, raccolti in esclusiva dalla nostra redazione.

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Lindstrom addio al Napoli: i retroscena di una storia nata e terminata male

Un corteggiamento lungo e difficile per portare Lindstrom al Napoli, per poi lasciarlo solo ed abbandonato una volta arrivato in Italia. Parte tutto nella del 2022, quando il Napoli di Luciano Spalletti si accinge a riportare lo scudetto nel capoluogo campano dopo ben 33 anni: gli esponenti di mercato dei partenopei sbarcano in Germania, a Francoforte, con l’intento di chiudere uno dei giovani prospetti europei più interessanti. L’esterno sa dell’interesse avendo già parlato con la società di Aurelio De Laurentiis, ma rimane focalizzato e concentrato sul campo. Chiude la stagione con l’Eintracht realizzando 7 gol. Non male per un talento di 22 anni. Il Napoli decide di chiudere: 28 milioni di euro nelle casse del club tedesco.

Le attese, però, non vengono rispettate. Una volta arrivato in Campania, il giocatore viene relegato in una casa di Giugliano, a circa 12 km da Napoli. Viene lasciato solo, senza un punto di riferimento a cui far affidamento. E per uno di 22 anni, abituato a ritmi radicalmente diversi, non è sicuramente il massimo. A peggiorare ancora di più la situazione è la lingua: il ragazzo non conosce l’italiano. Il club rimane totalmente fermo sottovalutando il problema comunicazione. Sarà poi l’entourage di Lindstrom a provvedere con un tutor a distanza che potesse insegnargli la lingua.

Alle difficoltà di ambientamento si aggiungono presto i problemi di spogliatoio. Il cambio di allenatore da Spalletti a Garcia provoca al Napoli un cortocircuito tale da far saltare tutti gli schemi e le sicurezze nel gruppo. Le guide dello spogliatoio, le stesse che si erano spinte fino allo scudetto dei record la stagione precedente, entrano in uno stato di crisi permanente. Figuriamoci un danese in Campania.

Chiave tattica: Lindstrom arriva in azzurro per essere l’alternativa di Kvaratskhelia o per prendere il posto di Politano nel 4-3-3. Per caratteristiche, però, non è giocatore di strappi o di uno contro uno, come gli altri due. Sicuramente riesce a dare il meglio quando galleggia fra le linee, quando cuce il gioco, quasi da trequartista. Toccare il 4-3-3 a Napoli suona come un sacrilegio. E Lindstrom non trova spazio.

La stagione precipita. L’ex Eintracht non riesce a trovare minimamente continuità. E qui subentra un nuovo grande problema: la gestione fallimentare dei tecnici. Garcia lo lascia sempre in panchina. Mazzarri non lo vede. Calzona pensa in un primo momento di poter cambiare il ruolo al giocatore, da ala a mezzala offensiva. Poi non lo applica, per mancanza di coraggio e per i risultati che stentano ad arrivare. Alla fine termina nella confusione generale: quando si perde (spesso) tutti dentro. Lindstrom incluso. E con lui i vari Ngonge, Simeone, Raspadori. Decimo posto, zero lampi, tante contestazioni e grande disappunto generale.

Inevitabile in estate la cessione all’Everton. Una storia nata male e finita peggio.