La Serie A è pronta a fermarsi nuovamente e al termine di questo weekend il campionato lascerà spazio alla sosta per le nazionali, permettendo quindi di fare un bilancio sul lavoro dei club in campo e in sede di calciomercato. In esclusiva a Ok Calciomercato abbiamo intervistato Vittorio Sabbatini, noto procuratore e fondatore dell’agenzia Omnia Football Players. Nel corso della conversazione sono state toccate diverse tematiche: dal rendimento delle squadre alla campagna trasferimenti, passando per le difficoltà dei giovani talenti italiani e arrivando fino ai retroscena legati alla figura dell’agente sportivo.

L’intervista a Vittorio Sabbatini
Un commento su queste prime giornate di Serie A: top e flop?
“Il Napoli si è confermato in testa, ora c’è anche il Milan. La Fiorentina sta avendo qualche difficoltà, ma ha cambiato allenatore e dovrà trovare una sua identità. Ci vuole tempo, ma i valori verranno fuori alla lunga”.
Quale squadra può essere la sorpresa del campionato?
“La Cremonese è una bella sorpresa, non me l’aspettavo così in alto in classifica. Ho seguito molto il calciomercato del club, è stato fatto un ottimo lavoro e c’è un allenatore molto bravo ed esperto in salvezze. Il campionato è lungo e l’obiettivo resta la permanenza in Serie A, ma finora è la sorpresa della stagione”.
Parlando di mercato: chi si è mosso meglio in estate?
“Sono un grande estimatore di Modric, per me è lo stereotipo del campione. Mi è piaciuta tantissimo questa operazione del Milan, anche perché ha portato grande qualità e spettacolo, che mancava da un po’. Si tratta di un giocatore sopra le righe, fa delle cose che catalizzano l’attenzione dei tifosi del Milan e non solo. La Juventus ha preso Zhegrova, è un esterno offensivo molto interessante e mi auguro che possa dare tanto alla squadra. Il Napoli ha recuperato alla grande dopo la cessione di Raspadori con gli acquisti di De Bruyne e Hojlund, i loro arrivi hanno colmato le partenze di giocatori importanti. La Cremonese resta la sorpresa, ma i club che ho appena citato hanno fatto un mercato molto interessante”.
Quanto è complicato fare mercato per i club italiani? Come si può colmare il gap con la Premier League?
“La Premier League ha disponibilità finanziarie notevolmente superiori alla Serie A. Noi, come gli inglesi, dovremmo avere conoscenza e padronanza del settore. Per colmare questo gap dobbiamo essere altamente qualificati nello scegliere in anticipo dei giocatori bravi che possono sfuggire ad altri. Inoltre non dobbiamo abbandonare la filosofia del calcio italiano, che è quella che ci ha sempre premiato. Abbiamo vinto quattro Mondiali e abbiamo avuto grandi campioni. Senza dover scimmiottare politiche o progetti di altre nazioni, dobbiamo rielaborare le nostre senza discostarci dalla filosofia che ci appartiene. Basta guardare all’interno della nostra bella Italia, ma forse ci si è discostati un po’ troppo per cercare di andare a replicare altre nazioni che non c’entrano niente con noi”.
Spesso si sottovaluta il potenziale dell’Italia…
“C’è questa esterofilia nel modus operandi della costruzione della squadra e dello sviluppo del giocatore, ma per me non è sempre valida. Oggi il calciatore è più atleta ed è anche più completo rispetto al passato, ma non bisogna discostarsi dalla qualità e dalla tecnica. Guardiamo la Spagna, i giocatori sono molto tecnici e portano a casa grandi risultati. La tecnica dovrà essere abbinata a un livello atletico importante, ma tale aspetto non deve mai prevalere sul primo. Queste due caratteristiche devono viaggiare parallelamente e l’una non può prescindere dall’altra. A mio parere l’aspetto tecnico deve essere prioritario”.
Perché le società di Serie A comprano poco dalla B e preferiscono acquistare all’estero?
“Un po’ dipende dall’esterofilia. Si sogna di scoprire il talento estero come nel film ‘Un allenatore nel pallone’, quando la Longobarda prese Artistoteles. Non è sempre così, i giocatori italiani meriterebbero maggiore attenzione e fiducia. Tanti di loro sono bravi e hanno solo bisogno di giocare per acquisire più consapevolezza nei propri mezzi. Inoltre devono trovare un ambiente maggiormente favorevole quando approdano in un club. È fondamentale affidarsi a una società che crede nelle loro qualità e che li aiuta a crescere sotto il punto di vista tecnico e mentale”.
Fabregas ha spesso sottolineato le difficoltà nel trovare giovani talenti italiani adatti al suo Como: cosa ne pensa?
“In effetti è difficile reperire giovani talenti italiani già pronti per il livello del Como. C’è difficoltà a far scalare i giocatori italiani da una categoria all’altra. Per me dipende un po’ da un senso generico di esterofilia diffusa ma non è solo questo. Il problema è che la regola dei giovani, che da un certo punto di vista consente di utilizzarne molti, non fornisce una vera e propria prospettiva futura perché questi calciatori vengono usati soltanto fino a quando rientrano nella categoria under in Serie C e B. Questo rende più difficile la loro carriera. Sarebbe opportuno elevare il livello generale delle varie squadre utilizzando i giovani per la qualità che effettivamente hanno e non solo per un fattore anagrafico. Tornando al Como, per arrivare lì un giocatore deve aver già scalato determinati step. Di solito la regola dei giovani è legata alla sostenibilità, ma con l’aumento dello spettacolo sportivo crescono anche il livello qualitativo, l’affluenza del pubblico, il merchandising, i diritti tv e così via. Inoltre se ci sono giocatori bravi e formati è anche più facile venderli e così si riattiverebbe il mercato interno. È vero che a volte le società italiane hanno difficoltà a reperire dei giovani bravi e capaci di figurare in un campionato superiore”.
Da cosa nasce questa ‘crisi’ dei talenti italiani e come si può risolvere?
“I settori giovanili devono puntare su istruttori bravi a prescindere dai titoli acquisiti, che sono comunque necessari per esercitare. Inoltre c’è bisogno di maggiore attenzione e sensibilità da parte dei club nel reclutare staff tecnici capaci e che hanno voglia di insegnare questo bellissimo gioco per dare qualcosa ai giovani. Per me il calcio è un’arte e i campioni di questo sport sono degli artisti“.
Quanto è importante la figura dell’agente per un calciatore? La presenza del procuratore non si limita soltanto al mercato, bensì rappresenta una vera e propria spalla per il giocatore…
“Dipende da come uno vuole svolgere questa professione. Sono d’accordo con lei, per me deve essere un vero e proprio consulente. Un giocatore è un uomo e ha tante sfaccettature, non esiste soltanto il lato commerciale. La prestazione in campo è il risultato di una serie di aspetti: emotivo, mentale, fisico… Il procuratore deve essere un consulente e un supporto. L’aspetto commerciale è fondamentale, dato che i calciatori vivono di contratti, ma per svolgere questo lavoro al meglio c’è bisogno dell’unione di tante cose. L’agente deve avere un’attività poliedrica di consulenza al fianco del calciatore”.
Un’agenzia sportiva deve essere come una famiglia per un calciatore?
“Così dovrebbe essere, il calciatore deve sentirsi nella sua comfort zone senza considerare l’agenzia come un consulente commerciale. Il procuratore dovrebbe aiutare il giocatore a massimizzare le proprie potenzialità cercando di tracciare la strategia migliore al fine di raggiungere l’apice delle qualità”.

