La rivoluzione di Pep, il vizio degli “umani”

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Correva il 2008 quando un giovanissimo allenatore di nome Pep, spinto da un’illuminazione di mezz’estate chiamò a sé il proprio portiere e lo convinse ad una cosa nuova: le azioni dovevano partire dal basso sempre e comunque con l’estremo difensore chiamato ad essere il primo attaccante. Il manifesto ideologico di quel Barcellona era tale Victor Valdes, che sicuramente non eccedeva tra i pali ma che aveva dimostrato qualità tecniche fuori dal comune. Questa scelta inserita in un contesto di pressing esasperato, mandava in apnea gli avversari. Non c’era una singola fase della partita in cui i catalani non avevano il dominio territoriale e non c’erano ancora i meccanismi di reazione che siamo abituati a vedere da almeno 5 anni a questa parte.

Tuttavia la rivoluzione di Pep ha creato il falso mito che ogni squadra a qualsiasi livello potesse abbracciare quel tipo di calcio. Esistono due principali limiti: le squadre avversarie accennano il pressing con almeno quattro elementi scoraggiando ogni velleità offensiva; per uscire dalla pressione servono grandi qualità tecniche e soprattutto personalità. Negli ultimi anni si è assistito ad una pericolosa deriva di questo concetto che stride con gli obiettivi di squadre che dovrebbero pensare prima di tutto a non prenderle. Squadre come Spal, Torino e Bologna, che magari avrebbero centimetri per risalire il campo in maniera ultraverticale, rischiano ogni maledetta domenica di prendere gol in uscita. In un calcio sempre più dominato dalla tattica e dai moduli, non credete che gente come Petagna, Belotti e Santander – magari posizionandosi alla Mandzukic – potrebbero tranquillamente vincere duelli aerei contro mezza Serie A? La sensazione è che a parecchi allenatori faccia schifo parlare di seconde palle, contrasti e intensità. Ma sia molto più vendibile il brand del possesso e della qualità. Anche perché i media poi tendono ad ingigantire un certo tipo di calcio a svantaggio di altri. Anche in Europa, poi, si assiste a partite estremamente speculari in cui tutti adottano la stessa strategia e squadre come l’Atletico Madrid, che praticano un calcio antico, fanno il buono e il cattivo tempo.

Per dirla alla Warren Buffett, il contrarian trader più famoso della storia, avidi quando tutti sono prudenti, prudenti quando tutti sono avidi.