Con Jurgen Klopp sento di avere un rapporto quasi familiare, un po’ come con lo zio che vedi ogni tanto, o il parente brillante di cui tutta la tua famiglia non fa altro che parlare bene. Sarà perché ho sempre notato l’uomo prima ancora che l’allenatore. Ci ho sempre visto una capacità decisamente poco teutonica di creare empatia con il contesto in cui si relaziona, un leader assoluto a cui basta semplicemente un sorriso a 32 denti per attirare le simpatie del gruppo.
The BVB show
Tra gli allenatori che non hanno guidato la mia squadra del cuore è quello a cui sono maggiormente affezionato sin dal suo regno a Dortmund. Quando portò sulla mappa del mondo una città non esattamente dotata di un grandissimo appeal. Ha ottenuto risultati giocando sempre con il piede sull’acceleratore, secondo la sua logica heavy metal dove non esiste il regista che mette un intervallo ai suoi film. È tutto un binge watching, senza esclusioni di colpi. A cambiare sono solo gli interpreti. Al BVB rese una squadra di ragazzini uno spauracchio per tutti. I Reus, Lewandoski e Gotze di allora avevano scarsa esperienza e si nascondevano dietro il suo mantello per incantare l’Europa.
Il sogno Reds
Un autentico capolavoro, irripetibile per chiunque tranne che per lui che a 5 anni dalla sua firma con il Liverpool si ritrova a giocare la seconda finale di Coppa dei Campioni consecutiva. Ancora una volta con una squadra di lotta e di governo. I suoi Reds, battendo 4-0 in casa il Barcellona di Messi, hanno abbattuto ogni limite possibile, presentandosi, ad anno esatto dalla sconfitta contro il Real, con i gradi di favorita alla finale di Madrid.
The final
Dall’altra parte ci sarà un Tottenham che non vuole fare la vittima sacrificale, ma francamente credere che la banda di Klopp possa perdere contro gli Spurs appare difficile. Negli occhi degli appassionati ci sono ancora le note di You’ll Never Walk Alone e tutto l’hype possibile di quella notte di primavera: il 33enne Milner che piange a dirotto; Salah con la maglia “Never Give Up”; l’mvp Origi che esulta come un bambino. I festeggiamenti stile Processione del Patrono di un popolo che vive di calcio. Non è un caso che i Beatles siano nati da quelle parti: deve essere il porto, il mare, qualcosa di mistico che accende i sogni di tutti e li rende possibili.