Lazio, Sarri: “Lotito uomo intelligente, Luis Alberto e Acerbi vogliono andar via. Mourinho? Mi sta simpatico”

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Maurizio Sarri - Foto Antonio Fraioli

Maurizio Sarri si racconta. L’allenatore della Lazio è stato intervistato dal Corriere dello Sport: di seguito le sue dichiarazioni.

Parola a Sarri

Sul suo calcio: A me piace un calcio in cui tutti si mettono al servizio del collettivo per sviluppare un gioco in cui i movimenti, tanto quelli difensivi quanto quelli offensivi, non prevedono esenzioni di alcun tipo“.

Sull’ambiente Lazio: “Qui sto bene, mi piace l’ambiente, ho la possibilità di esprimermi e soprattutto di divertirmi. Anch’io sono cambiato, ora il lavoro mi deve procurare divertimento, è cambiato il mio sentimento nei confronti del calcio. Mi piace anche la gente laziale, da fuori mi ero fatto un’idea completamente diversa, sbagliata. Il 99% del popolo laziale è formato da famiglie, da giovani. E lavorare in un club che non appartiene a un fondo ma a una famiglia, mi dà gusto. Allo stesso tempo mi rendo conto delle difficoltà economiche che si possono incontrare, minori risorse, certo“.

Su Lotito: “Non riesco a capire fino in fondo i motivi della sua impopolarità, come l’hai definita. Comunicazione? Possibile. Ma Lotito ha preso la Lazio che era un disastro e bene o male la tiene costantemente tra le prime 5, 6 e in Europa. Pensa, io lo trovo piacevole, è un uomo di spirito ed è uno che ti ascolta. Lotito avrà mille altri difetti, ma è di rara intelligenza, ha una cura ossessiva dei dettagli e soprattutto sul piano sportivo lascia piena autonomia“.

Su Tare: “Non ho mai avuto problemi con lui. Possiamo non concordare sulla valutazione di un giocatore o su alcune scelte, ma questo rientra nella normale dialettica di un gruppo di lavoro“.

Sul mercato: “Se non mi viene chiesto un nome non lo faccio. Illustro le caratteristiche tecniche, i parametri caratteriali della figura che mi serve, e pongo molta attenzione sul dato anagrafico. La stagione scorsa eravamo una delle squadre più vecchie d’Europa, il ricambio era necessario“.

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Maurizio Sarri – Foto Antonio Fraioli

Su Luis Alberto: “Per il secondo anno di seguito ha espresso la volontà di finire la carriera in Spagna. Più che in Spagna in generale, proprio a Siviglia. Non so dirti se l’avrò ancora a inizio settembre. Ragazzo intelligente, gran bel giocatore e carattere, se vuoi, particolare“.

Su Milinkovic-Savic: “Sergej è di livello altissimo, piccoli difetti e potenzialità ancora inesplorate. In alcuni momenti della partita privilegiava l’estetica, la giocata che definisco effimera, a scapito dell’efficacia. Però è vero, nell’ultima parte del campionato ha cercato la funzionalità e ha fatto la differenza“.

Sul perché la Lazio vince poco: “Le manca l’equilibrio della grande squadra. Tanto quello mentale quanto quello tattico. Nella partita secca poteva e può battere chiunque, il guaio che è molto spesso si fa mancare, si perde. Quello che desidero quest’anno è mostrare una squadra vera e dai primi allenamenti ho ricevuto sensazioni molto positive“.

Su Mourinho: “A me Mourinho sta anche simpatico. Le differenze dipendono in prevalenza dal punto di partenza, dalle origini. Io sono cresciuto tra i Dilettanti, gente di un altro livello, dove per vincere dovevo incidere tanto, e in modo feroce, per compensare i limiti dei singoli. Mourinho è partito dal Barcellona e ha investito molto sulla qualità dei giocatori. Tra Stia e Barcellona c’è un bel cazzo di differenza… E poi io sono toscano di monte. Come Luciano Spalletti“.

Su Acerbi: “Nulla di tecnico, a fine stagione ha espresso il desiderio di cambiare aria e la società cercherà di accontentarlo, per questo sono stati fatti altri programmi“.

Sulla stagione che sarà: “Una stagione folle, cinquanta giorni di sosta non si erano mai visti, mi aspetto risultati imprevedibili“.

Sul personaggio che riveste: “Se mi riconosco nella figura che mi hanno cucito? Per niente, ma m’importa ’na sega. Sono molto diverso da come vengo descritto, per anni ho svolto un altro lavoro e non ho assorbito la superficialità del calcio. Sognavo di allenare una grande squadra e ci sono riuscito non una, ma più volte. A 63 anni non penso più alla carriera e i soldi sono meno importanti, mi sono evoluto: voglio il piacere, il divertimento e la Lazio può darmeli. Lavoro per creare una squadra vera, 25 giocatori che pensano allo stesso modo, per certi versi antistorica: il gioco del calcio per sua natura è collettivo e invece anche voi della stampa l’avete trasformato nel paradiso dell’individualità“.

Sul suo Napoli: “L’ultimo Napoli, quello dell’ultimo anno intendo, giocava il calcio che avevo in mente, un calcio di coinvolgimento totale. Mertens punta? Avevamo tre esterni d’attacco per due posti, la grande qualità di Insigne e l’equilibrio che garantiva Callejon erano imprescindibili, così Mertens trovava poco spazio. A Bergamo, in dieci contro undici, tolsi Higuin e misi Dries centrale. Venti minuti mostruosi, prese due rigori, insomma li fece impazzire. L’anno dopo, quando persi Milik durante la sosta della nazionale, decisi di riproporlo in quella posizione. De Laurentiis? Provo una forma di affetto e gratitudine, mi ha concesso l’opportunità di misurarmi con il grande calcio ed era quello che volevo provare. Poi, certo, lavorarci insieme non è semplice“.

Sulla sua Juve: “Cristiano Ronaldo? Ho il rimpianto di non averlo allenato da giovane. Ho trovato un giocatore che si era affermato, la squadra doveva adattarsi a lui e non il contrario. Mi piace un calcio in cui tutti si mettono al servizio del collettivo. I problemi con Chiellini? Nella fase iniziale non ce ne furono, nella prima partita Chiellini segnò pure e poi si ruppe i crociati. Era una Juve a fine ciclo e io me ne accorsi subito“.