Mourinho: “Sono affezionato alla Roma. Rinnovo? Non lo so”

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José Mourinho - Foto Antonio Fraioli

Josè Mourinho si sente legato alla Roma, che per parole dell’allenatore stesso, è stata una scelta di vita forte. Il tecnico portoghese ha parlato ai microfoni di di Sky, ospite di Federico Buffa Talks. Fra i ricordi del passato e le ambizioni per il futuro, un cenno importante anche sul presente che lo vede legato alla Capitale ed ai colori giallorossi.

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Roma, le parole di Mourinho

Dall’Inter al Real Madrid: “Sono sempre molto onesto con gli altri e con me stesso. Potevo andare al Real Madrid dopo la prima stagione all’Inter, però avevo firmato per restare più di un anno. Avevo un rapporto incredibile non solo con il Presidente ma anche con la moglie e i suoi figli. Sono andato a casa di Moratti al termine della prima stagione e siamo arrivati alla conclusione che sarei rimasto un anno in più. Non era la vittoria o la sconfitta nella finale di Champions League che avrebbe deciso la mia vita, già lo sapevo cosa avrei fatto e volevo andare al Real Madrid. L’opportunità è arrivata per la seconda volta e ho voluto andare via, era un momento della mia carriera dove mi sono detto che avrei dovuto farlo per forza. È il club più grande al mondo, non c’è storia ma avevo quella cosa di prendermi lo scudetto della Serie A. Al di là di vincere o non vincere la Champions League, c’era un lavoro di base che sarebbe andato a un altro allenatore, tutto era perfetto. Sarebbe stato più comodo per me restare all’Inter anziché andare in competizione con il Barcellona, avrei vinto un altro scudetto facile, saremmo andati a prendere la medaglia di campioni del Mondo per club ma per me non avrebbe avuto significato. I giocatori intelligentissimi sapevano già cosa avrei deciso, dopo la finale di Champions League non sono tornato a Milano perché avevo paura che le emozioni avrebbero potuto cambiare e non sarei più andato al Real Madrid. Ho rifiutato di firmare il contratto con il Real Madrid prima della finale contro il Bayern Monaco, però ho avuto paura di tornare a Milano per le emozioni“.

Sul “mourinhismo“: “Esiste anche l’anti mourinhismo. Specialmente a Roma, ci sono entrambe le fazioni. Il mourinhismo lo conoscono le persone che sanno cosa ho fatto. L’anti mourinhismo è cavalcato da gente felice in tutto il tempo in cui la Roma non vinceva una coppa, non aveva alcun tipo di successo europeo. Si divertono in radio e va bene. L’anti mourinhismo vende, il mourinhismo è un modo di stare nella vita più che nel calco. Lo dico perché trovo gente per strada, in ogni punto del mondo, che si identifica con me e con il mio modo di stare nella vita. Per, comunque, la partita più importante è sempre la prossima. Il resto è il passato, è storia“.

Sulla scelta di Roma: “Quando sono arrivato qui, non conoscevo la Roma. Ci ho giocato contro con l’Inter, mentre con il Porto ho giocato non contro la squadra più importante della città. Non conoscevo la Roma né come città di cuore calcistico, né la società AS Roma. Avevo allenato tre grandi squadre in Inghilterra, Manchester, Chelsea e Tottenham e volevo quindi andare fuori dall’Inghilterra. La Roma è arrivata con un discorso che mi è piaciuto, ed è stata la proprietà che mi ha fatto venire. Dopo, quando sono arrivato e ho imparato a conoscere il romanismo, ho imparato a conoscere tutti i loro dubbi, ho imparato a conoscere tutte le loro frustrazioni e ho cercato di entrarci dentro. Mi sono fatto tante domande, cui ho bisogno di rispondere con il tempo. Mi sono affezionato tanto al romanista. Mi piace il romanismo. Mi piace il romanista puro, mi piace il romanista della strada, che va la mattina a Trigoria solo per avere una foto. Mi piace la gente che segue la squadra ovunque. Quando arrivi in due finali europee e prendi la città con te, quando tu piangi di gioia con loro, tu diventi ancora più uno di loro. È ciò che sento adesso, è stato naturale. Quando sono in panchina e guardo alla destra all’Olimpico mi emoziono ancora. Quando guardo dietro di me non mi piace tanto, ma quando guardo alla mia destra mi fa venire i brividi, è gente che rimane con me, anche quando un giorno andrò via. Rinnovo? Non lo so. Prima di Budapest ho promesso ai calciatori che sarei rimasto. Dopo lo Spezia, all’Olimpico, con i gesti ho detto ai tifosi che sarei rimasto qua e adesso sono qua“.

Sul suo soprannome: “Se uno non sa l’inglese, deve chiedere a qualcuno che lo sa. Non ho mai detto di essere The Special One, ho detto di essere “a Special One”, uno Special One, uno dei tanti. Ci sono tanti allenatori speciali. In Italia, per dire, ci sono Allegri e Ancelotti. C’è qualcuno che diceva, all’Everton, che Ancelotti era vecchio. Per alcuni, Allegri era scarso. Purtroppo per loro, Ancelotti continua a vincere e Allegri lo farà ancora sicuramente”.

“Chi sa di solo calcio, non sa nulla di calcio”: “Lo disse il mio professore. Sono arrivato all’Università. La prima classe era filosofia dell’attività corporale. Lui ha parlato per un’ora e mezza e io pensavo sono a quando sarebbe arrivato il pallone. Mi chiese quale fosse il problema e lui mi disse che, dopo qualche anno, ne avremmo riparlato. E, in effetti, ancora oggi parliamo. Mi disse: “Attento, chi sa solo di calcio non sa niente di calcio, attento”. Mi fece pensare e diventò il mio professore preferito“.