Torna a parlare José Mourinho e lo fa in un’intervista al quotidiano britannico The Telegraph. Lo Special One è tornato a parlare della sua avventura alla Roma e delle difficoltà incontrare soprattutto dal punto di vista del supporto dirigenziale. Inoltre il tecnico portoghese si è soffermato sul suo futuro, annunciando di voler continuare ad allenare ancora per molto tempo.
Futuro?
“Ho 61 anni e non voglio fermarmi a 65, assolutamente no. La mia carriera è ancora lunga. Non posso andare in un club dove, solo per la mia storia, l’obiettivo è vincere il titolo. Pensate che se fossi in un grande club della Premier League e fossimo sesti, settimi, ottavi in classifica, avrei ancora un lavoro? Quello che sto dicendo è che le persone dovrebbero guardarmi come fanno con gli altri allenatori. Quello che è importante per me è che il club abbia degli obiettivi, non voglio dire realistici, ma almeno semi-realistici. Quando andai alla Roma nessuno sognava una finale europea, eppure l’abbiamo fatta. Non è possibile che io vada in un club quasi retrocesso e l’obiettivo è vincere la Champions League. Non è giusto”.
L’avventura sulla panchina della Roma?
“Sono l’unico allenatore europeo ad aver giocato due finali negli ultimi due anni, la Roma era un club con una ‘storia senza vittorie’. Il mio sogno è essere solamente l’allenatore di una squadra, ma in alcune situazioni sono stato molto più di questo e quando accade non sei un allenatore bravo come potresti essere. Il club ti mette in una posizione in cui non vorresti essere. Pensate che dopo la finale di Europa League che abbiamo perso, nelle circostanze in cui abbiamo perso, fossi felice? Credete che fossi felice di essere il volto del club e di andare in conferenza stampa per parlare di quegli avvenimenti? No, odiai andarci. Se la gente teme qualcosa su di me, non deve farlo. Datemi solo una struttura professionale in cui io sia solo l’allenatore, perché questo è ciò in cui sono bravo. La gente dice che sono bravo a comunicare ma molte volte dici le cose sbagliate, soprattutto quando comunichi tre o quattro volte a settimana. La struttura di un club mi spinge nella direzione sbagliata”.
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