Tutti ai piedi di Rino Gattuso. Forse per qualcuno suona strano a dirlo, visto che il soggetto in questione è passato per molto tempo come un giocatore poco tecnico, come un gregario che difficilmente avrebbe potuto attirare molti ai suoi piedi, ma oggi è così: Ringhio ha conquistato tutti, napoletani e non ed è riuscito, forse, già ad allontanare, in terra campana il ricordo di Carlo Ancelotti, suo maestro.
Si è preso Napoli con quella semplicità e con quella umiltà tipica di chi sa di essere vincente e di chi è conscio che per stare in cima alle classifiche c’è bisogno del sudore, della fatica, dei sacrifici. Di certe persone come Rino Gattuso, e badate bene al termine persone e non allenatore, ne dovrebbe essere pieno il mondo: un umile servitore della Patria, un guerriero che si è sempre contraddistinto per mettersi in prima linea nelle battaglie più dure, un uomo attaccato a ciò che si è guadagnato con la fatica. Insomma un Uomo, con la U maiuscola, senza se e senza ma, che oggi si gode quello che ha costruito con le sue mani.

Ringhio: quando concretezza e bellezza vanno di pari passo
Chi lo dice che l’umiltà, la semplicità non siano espressione, nei loro modi, di classe e di stile? Chi dice questo dovrebbe leggere la storia di Gattuso. Troppe volte, soprattutto da giocatore, è passata forte la voce che relegava l’attuale tecnico del Napoli, come un giocatore poco tecnico, di poca qualità, di poca classe, fuori dalle top selezioni delle squadre europee. Eppure, e ne sono sicuro, se avesse chiesto in quegli anni che giocatore comprare per dare equilibrio e sostanza ad una squadra più dei trequarti degli allenatori di tutto il mondo avrebbero risposto con un solo cognome: Gattuso.
Perché, è il calcio moderno ne è la dimostrazione lampante, che oltre ai numeri 10, ai giocatori che possono spostare gli equilibri con la tecnica e con la classe, ci sia bisogno di qualcuno che sia disposto a fare il proletario, pur passando in secondo ordine, sudando, lottando e correndo per tutti. Concretezza allo stato puro, esaltazione del sembrare forse bruti, ma dell’essere terribilmente sostanziosi e belli.
Anche tutto ciò è segno di straordinaria classe, e merita di essere una volta per tutte sottolineato: il falso mito del bel gioco, della estetica non abbinata alla sostanza deve crollare La vittoria discende anche dalla fatica, dalla voglia di arrivare dove gli altri non sono disposti a farlo, di correre dappertutto, dal sacrificarsi: in molti forse hanno giudicato in malo modo Ringhio Gattuso.

Eppure è Gattuso stesso a definirsi spesso scherzosamente così: il più piccolo, il più basso, quello che era solo fortunato ad essere lì con tutti quei fenomeni ad alzare innumerevoli trofei vinti. Ma Ringhio, e in fin dei conti è conscio lui stesso che, per i compagni stessi e per gli allenatori che ha avuto, è sempre stato imprescindibile: l’uomo squadra per eccellenza, spesso vittima di scherzi esilaranti, quello che a costo di andare in Germania per i nostri famosi Mondiale si disse pronto ad attaccarsi al pullman e che recuperò in fretta e furia pur di essere protagonista di quella storica spedizione.
Un giocatore che non ha mai steccato una partita decisiva: lui c’era in mezzo al campo a recuperare, a battagliare in mezzo al campo, a rubare il pallone agli avversari. Lo stesso che quando segnava a San Siro, correva per tutto il campo, come un bambino spensierato, che non sa chi abbracciare per primo, e che vuole godersi quel suo momento di gloria, abituato a lavorare sempre per apparecchiare il tavolo a qualcun altro.
Tra successi e disfatte: sempre mettendo davanti il “Noi” all'”Io”
Poi il ritiro e la carriera da allenatore intrapresa con forza e convinzioni, attributi che vanno a nozze con il cognome Gattuso. La gavetta, come un qualunque, come uno semplice e non privilegiato: il Sion, il Palermo di Zamparini, l’Ofi Creta, il Pisa (con il quale raggiunse una straordinaria e storica promozione in B), prima del Milan primavera. Tutte piazze ambiziose, molto ingenti e con aspettative, e che di conseguenza solo chi ha veramente gli attributi può prendere in consegna.
Sempre uscito a testa alta, sempre privilegiando il bene comune rispetto all’interesse personale, anche dopo essere, inspiegabilmente, stato esonerato dalla panchina del Milan, lo scorso anno, pur essendo stato ad un passo dalla qualificazione in Champions: sarebbe stata un’impresa sì, perché il Milan come organico era molto inferiore alle sue antagoniste, ma che Ringhio, toccando le corde giuste ha saputo portare al massimo della sua espressione.
Quando le parti si sono dette “Addio” Gattuso non ha rilasciato dichiarazioni scomode, non andando mai contro il suo grande amore, anche quando la riconoscenza poteva essere messa da parta, lasciando anzi gran parte del suo stipendio nelle casse rossonere. A Milanello oggi, visti i risultati di Gattuso in altre squadre e del Milan attuale, si starà mangiando le mani. E non poco.

“L’allievo ha superato il maestro”
Poi a dicembre dello scorso anno, dopo aver rifiutato tantissime squadre italiane e non, il bussare alla porta del Napoli di Aurelio De Laurentiis. Proprio Napoli, città del sud per eccellenza, del suo meridione tanto vantato e citato da lui. Come poter rifiutare allora? Ma la sfida era ardua: bisognava sostituire proprio il suo maestro, quell’allenatore con cui aveva avuto la fortuna di vincere tanto, proprio Carlo Ancelotti.
A molti solo al pensiero sarebbe venuto il voltastomaco, sarebbero vacillate le gambe: a molti, non a Ringhio. Paragoni subito allontanati nella sua conferenza di presentazione quando il presidente azzurro lo presentava come Ringhio Starr. A distanza di mesi dal suo insediamento sulla panchina del Napoli, è il caso di scomodare un detto antico ma famoso: non è che a Napoli, è il caso di dire che “L’allievo ha superato il maestro?”.
I risultati sono dalla parte di Ringhio, a 6 mesi dal suo insediamento in Campania ha ricostruito per primo il gruppo, creando nuovi stimoli e facendo delle scelte subito coraggiose. Poi è passato a ridare un’anima di gioco ad un Napoli che si perdeva tra un passaggio e l’altro: lo ha fatto iniziando a costruire da dietro con Ospina centrale nel progetto, con Maksimovic che sembra tornato quello dei livelli del Torino e con i soliti tre piccoletti lì davanti.
Ma Gattuso ha ridato, in generale, dei concetti di gioco che sembravano sopiti e persi: squadra corta, raccolta ed ordinata in campo, mettendo poi tanta e tanta qualità soprattutto a centrocampo, ridando fiducia positiva a capitan Insigne. La zona Champions è lontana, ma non impossibile da raggiungere, almeno fino a quando l’aritmetica non condannerà il Napoli, che ha messo già in bacheca “un titulo” con la Coppa Italia vinta meritatamente contro la Juventus, dopo la tragedia della sorella defunta pochissimi giorni prima. “Il Dio del calcio mi ha dato quello quello che la vita mi ha tolto“, queste le sue parole post coppa: ogni singola sillaba al posto giusto, frase segno di positività, forza e coraggio da ricordare sempre, dette da un uomo che con le parole perdere e mollare non ha mai avuto niente in comune.
Interessante sarà il prossimo di campionato, quando tutti partiranno da 0, e con un mercato e una rosa costruita da Gattuso. Chissà dove potrà arrivare questo Napoli, chissà fino a dove il generale Ringhio potrà dirigere la squadra. Un dato è certo: l’azzurro sul cielo di Napoli è tornato, è rinato quello spirito di vittorie e di appartenenza sotto il Vesuvio. Tutto merito di Gennaro Ivan Gattuso. Uomo semplice ed umile: un esempio per tutti. Lunga vita a te, Ringhio.