È molto probabile che Sarri non abbia ancora dimenticato la sua ex fidanzata Higuaín (qui, a due mesi dalla sanguinosa rottura, nemmeno troppo dietro le righe: 0’ 25’’ e ss.) sul piano sentimentale, ma certamente sul piano tecnico e tattico l’allenatore del Napoli ha avuto le idee chiare sin dall’inizio.
In una delle prime conferenze post-Pipita, Sarri ha offerto una soluzione teoricamente scontata, che ha però poi saputo applicare sapientemente già dal secondo tempo di Pescara: se non abbiamo Higuaín, allora accentreremo i nostri esterni e riempiremo l’area con le mezzali, in modo da distribuire le occasioni fra più giocatori. In questo contesto, il ruolo del centravanti nel gioco offensivo del Napoli viene sgravato di tutto il peso che il nove argentino nella stagione passata è stato più che contento di portare da solo: il centravanti del Napoli 2016/17 sembra funzionare come una sorta di battimuro che, offerta la sponda ai compagni, rigorosamente a uno o due tocchi, attacca immediatamente lo spazio. Con lui, come detto, abbiamo le ali che si stringono e almeno una delle mezzali che corre verso l’area. Una delle mezzali, perlopiù quella di destra, confidando nella corsa di Allan e nella capacità di “strappare” di Zielinski, si arroga un altro dei compiti che aveva il centravanti argentino l’anno scorso: il gioco in isolamento cestistico 1vs1 per far saltare il posizionamento difensivo avversario.
Complice la rivelazione, almeno per ora, di Milik, il piano offensivo di sostituzione del Batistuta 2.0 sembra essere andato a buon fine; manca certo un banco di prova contro una rivale diretta per le prime posizioni (soprattutto in trasferta), ma quello che si è visto è piuttosto incoraggiante. Appunto, Milik: un giocatore molto più normale rispetto alla diversità eccezionale di Higuaín, ma davvero funzionale a tutti gli attributi di un centravanti (gioco di sponda, colpo di testa, elevazione, forza fisica, tiro; anche se sembra difettare soltanto nel controllo di palla in velocità), e soprattutto perfetto per un gioco offensivo che ha ormai eletto il bene comune a suo scopo ultimo.
Paradossalmente, però, i problemi più preoccupanti causati dall’addio di Higuaín riguardano l’equilibrio difensivo. Tralasciando le follie di Pescara, gli errori (Verdi che segna con un tiro forte ma centrale da trenta metri non pressato) o i quasi errori di Reina (il gol di Niang), il nuovo equilibrio offensivo del Napoli palesa una tendenza allo squilibrio difensivo in fase di transizione passiva. Il problema è generato dalle nuove disposizioni offensive: con gli esterni che si accentrano, a livello offensivo la spinta dei terzini è più profonda, e l’esposizione delle fasce ai cambi di gioco degli avversari viene acuita. Già l’anno scorso questa è stata la nota dolente della fase passiva dell’utopia sarriana, e i gol incassati in questa prima parte di stagione sembra appunto esacerbare ulteriormente questo problema. Prendiamo in considerazione due momenti salienti. Il primo è il gol di Niang:
La sequenza delle immagini mostra come l’accentramento richiesto alle ali generi una maggiore esposizione difensiva. Mertens è lontanissimo nella prima immagine sul passaggio verticale di Montolivo (addirittura in posizione centrale); la palla arriva in qualche modo a Suso (forse prima c’è un fallo su Jorginho che aveva tentato l’anticipo) che apre subito per Niang: come si vede dalla seconda immagine, Niang è solo, mentre Callejón è in ritardo. Lo spagnolo è generoso, ma quando va in scivolata Niang ha già saltato Hysaj da due o tre secondi, e il suo è un tentativo di tackle disperato piuttosto che un raddoppio. Un copione simile si è ripetuto anche a sinistra, con Suso che aveva messo in difficoltà Ghoulam per tutta la partita: Montella aveva evidentemente puntato ad attaccare gli esterni e si può dire che il Napoli da questo punto di vista sia stato anche piuttosto fortunato a limitare i danni.
Un altro momento emblematico può essere pescato dalla trasferta di Kiev. L’azione selezionata non porta al gol, ma la solitudine in copertura di Ghoulam è ancora una volta preoccupante.
Questi problemi confermano che nel calcio deve valere un paradigma sistemico: se si tocca una parte dell’ingranaggio, allora l’intera macchina funzionerà in maniera diversa. Per assorbire e mantenere pressoché intatto il livello offensivo del Napoli con Higuaín, Sarri ha dovuto accentrare gli esterni offensivi, richiedere ai terzini ancora maggiore profondità offensiva, e liberare le mezzali. In fase di transizione passiva, questo comporta la necessità di ripiegamenti ancora più veloci, ma evidentemente soprattutto sulle fasce concede spesso l’1vs1 fra l’ala avversaria e il terzino. In questo senso il dilemma fra Insigne e Mertens sarà forse ancora più pressante: Insigne garantisce maggiore diligenza, ma Mertens davanti sembra irrinunciabile quest’anno per la sua capacità di puntare l’avversario e andare al tiro con maggiore efficacia del napoletano, cosa che sostanzialmente nessuno fa nel Napoli attuale con l’efficacia del belga (Paolo Del Genio lo aveva notato espressamente con Sarri nella conferenza prima di Napoli-Milan, 11’ 30’’; Sarri gli dice che è vero, ma soggiunge anche che ci sarà bisogno di difendere e che per l’appunto la scelta non è scontata).
Gli eventuali successi del Napoli passeranno soprattutto per la capacità di Sarri di trovare una soluzione a questo scompenso difensivo, se è vero che nel campionato italiano si vince anzitutto in difesa.