Ci sono periodi dell’anno in cui ribaltare l’ordine naturale delle cose è storicamente più semplice. Correva l’ottobre del 1917 quando l’Armata di Lenin decise di sovvertire l’impero zarista e insediarsi a Pietrogrado.
Correva il gennaio del 2015 quando il Comandante Sarri, che fin lì aveva stregato il mondo del calcio con un’idea sin lì mai esplorata in Italia da una piccola, indicò al suo Empoli il nome di Marco Giampaolo come possibile successore.
In quel momento, la società del Presidente Corsi rimase basita, il nome retrò tirato fuori da Maurizio Sarri appariva come una provocazione, perché nelle sue ultime tre panchine aveva ottenuto due esoneri in Serie B sulla panchina di Cesena e Brescia ed un ottavo posto su quella della Cremonese in Lega Pro.
RIVOLUZIONE GIAMPAOLO: L’EREDE DI SARRI, PER UNA SAMP BELLA ED EFFICACE
Però Sarri, da profondo conoscitore del calcio a 360°, sapeva che l’unico in grado di proseguire il percorso intrapreso sarebbe stato il tecnico originario di Bellinzona, nessuno nel panorama calcistico internazionale sarebbe stato capace di replicare concetti e idee con la stessa convinzione. L’uso del portiere come prima fonte di gioco, l’attenzione alla linea difensiva quasi ossessiva, la ricerca della qualità in settori strategici del campo e i movimenti continui delle punte sia in fase di possesso che di non possesso.
A distanza di 3 anni dall’endorsement di Sarri, l’Italia ha riscoperto un allenatore che nella prima decade di carriera era stato addirittura vicino alla Juventus. La Sampdoria versione 2017/2018 è di gran lunga una delle squadre che pratica il miglior calcio d’Europa. Il manifesto calcistico della sua idea è rappresentato dal talento uruguagio di Lucas Torreira, regista in grado di fare qualsiasi cosa su un campo da calcio: impostare, azionare il pressing e provare la conclusione con una disinvoltura “guardiolista”. Come se fosse stato allevato nella cantera blaugrana.
Diventa ancor più importante, oggi, capire quanto faccia bene ad un calcio italiano scosso dell’eliminazione mondiale uno come Giampaolo, che mai avrebbe sacrificato uno come Insigne sugli altari di un possibile 0-0 in Svezia.