Dal VAR al VR: perché la figura dell’arbitro rischia di sparire

Sono passati quattro mesi dall’introduzione del VAR (Video Assistant Referee) in Serie A ed è arrivato il momento di tirare le somme, soprattutto alla luce di quanto accaduto nella gara dell’Olimpico tra Lazio e Torino.

Sebbene sia innegabile l’ausilio che la tecnologia apporti all’arbitro nella direzione della gara, ancora oggi sono molti coloro i quali si schierano contro l’introduzione della moviola in campo e il relativo protocollo di utilizzo, per i motivi che cercheremo di illustrare sinteticamente.

LA MACCHINA AL POSTO DELL’UOMO

Innanzitutto c’è da domandarsi se le immagini siano realmente veritiere, e cioè se nello sport possa esistere una verità assoluta; ma ancor prima bisogna chiedersi se sussista davvero il bisogno di certificare il giudizio dell’arbitro. In questo modo infatti si antepone alla verità del campo la verità (teoricamente) “assoluta” della telecamera. È questo il calcio che vogliamo? Sentiamo realmente la necessità di dire addio a quella classe di arbitri come Collina, Farina, Rosetti in grado di riconoscere un fallo senza vederlo, sentendone l’odore, percependolo attraverso quella sensibilità che solo anni di allenamento e sacrifici potevano sviluppare?

L’arbitro, nell’era del VAR, se non perde l’autorità perché le regole gli conferiscono ancora l’ultimo  grado di giudizio, perde comunque quella autorevolezza che deriva dal suo saper fare e dalla sua sensibilità, dallo stile dei grandi arbitri di una volta che gli attuali, anche i migliori, non allenano e non esercitano più. Ma, proseguendo su questa strada, siamo sicuri che la figura dell’arbitro sarà ancora necessaria? Oppure sparirà per essere sostituita da un sistema totalmente informatizzato?

Ci si chiede già ora cosa ci siano a fare gli assistenti se il loro compito sul “goal-no goal” è sostituito dalla tecnologia, se la stessa potrebbe facilmente essere estesa al controllo di tutte le linee del terreno di gioco, se non si segnala più un fuorigioco perché la decisione dell’assistente sarà in ogni caso sottoposta al vaglio delle immagini, per cui il danno minore che può fare è non prendere alcuna decisione, rimanendo giù con la bandierina e rinviando la decisione a qualcun altro. Tanto vale restare a casa, no?

Il VAR, quello di oggi, alla release 1.0, risolve i casi più semplici, anche se in campo per i direttori di gara quegli stessi casi non sono così semplici, ma ancora si inceppa nei casi più complicati, quelli per l’arbitro impossibili da rilevare, ritardando troppo la ripresa del gioco e mettendo l’arbitro con le spalle al muro quando ad essa si rivolge, perché una decisione, possibilmente diversa da quella del campo, dovrà poi essere presa.

IL RIGORE DI LAZIO-FIORENTINA

L’arbitro non arbitra più nel senso fin qui conosciuto: si è trasformato in un moviolista, deve dimenticare di poter far leva sulla sua sensibilità ed intuizione per giudicare un episodio perché può e deve affidarsi unicamente al giudizio delle immagini che gli verranno proposte, che vedrà su un monitor, e che per ovvi motivi di praticità e di tempo saranno un solo frame, un solo un dato, da un’unica prospettiva.

Ed è in casi come questo che si rischia di compiere evidenti errori come sul rigore assegnato alla Fiorentina domenica 26 novembre 2017 contro la Lazio. L’arbitro Massa in assoluta buona fede ha deciso sulla base di una immagine che gli è stata proposta e dalla quale sembrerebbe che il laziale Caicedo colpisca prima la gamba dell’avversario e poi il pallone.

Dopo qualche giorno ecco che salta fuori un filmato di una telecamera laterale, opposta all’assistente numero 2, che risolve l’inevitabile schiacciamento prospettico a cui è soggetta la telecamera centrale e che dimostra l’esatto contrario, cioè che l’ecuadoriano colpisce prima il pallone e subisce poi un calcio da Pezzella.

Dunque chi detiene davvero un ruolo importante e decisivo è chi decide quali immagini proporre al giudizio dell’arbitro piuttosto che l’arbitro stesso. Vogliamo davvero delegittimare l’arbitro di quella che di fatto è la sua ragion d’essere?

Tornando alla fattispecie della gara del 26 novembre, quale sarebbe stata la decisione di Massa se avesse potuto riguardare tutta l’azione e non solo qualche fotogramma? Il dubbio sarebbe stato definitivamente sciolto guardando più in là del singolo frame del presunto contatto Caicedo-Pezzella e cioè rivedendo tutta l’azione.

Da qualsiasi prospettiva rivedessimo quell’episodio infatti scopriremmo che Pezzella immediatamente si butta a terra tenendosi la gamba “infortunata” ma poi, accortosi che il pallone è rimasto in possesso della sua squadra e nuovamente crossato in aerea, si alza immediatamente e compie addirittura una sforbiciata aerea, dimostrando non solo di aver simulato l’infortunio ma anche che la moviola è fuorviante rispetto ad una più ampia ed attenta rilettura ed analisi di tutto il film della gara.

CAMPIONATO FALSATO

Evidenziando quanto sia stato eccessivo il ricorso al VAR durante Lazio-Fiorentina al contrario di quello insufficiente durante Lazio-Torino, è lecito credere che il campionato di quest’anno sia falsato dalla sperimentazione del VAR perché assistiamo ogni settimana a continui e silenziosi aggiustamenti nel protocollo di utilizzo. In sintesi, ogni giornata un regolamento diverso.

La conclusione cui giungono i “NO VAR”, per riecheggiare una formula tanto gradita ai media in campo di vaccini, è che gli arbitri oggi entusiasti di essere aiutati dalla tecnologia si accorgeranno ben presto che la tecnologia rappresenta una minaccia perché in grado di sostituirsi ad essi in tutto, anche nel prendere le decisioni. Possibile dunque un passaggio dal Video Assistant Referee al Virtual Referee. Se ciò non avverrà, e noi amanti del calcio ce lo auguriamo, sarà solo grazie agli equilibri di palazzo tra federazione e associazione, per merito o demerito di chi prende decisioni a più alti livelli e ben più importanti di un calcio di rigore.

Il calcio è bello perché è semplice, perché è lo stesso che giocano i bambini in strada calciando una lattina vuota, perché è umano e reale e perché, come ricordava Boskov: “Rigore è quando arbitro fischia”.