Esiste una parole, nel dizionario francese, che riassume con il termine grandeur: l’arroganza, la supremazia ma soprattutto la consapevolezza di essere grandi. Ecco nel mondo dello sport la persona più prossima ad incarnare quasi tutte queste caratteristiche si chiama Zinedine Zidane. Il quasi è esclusivamente riconducibile alla prima delle caratteristiche citate, perché di arrogante Zizou non ha nulla. Sulla panchina del club più glorioso del mondo, il francese è arrivato in punta di piedi ma con idee precise.
Nessun dogma prestabilito, nessuna cocciutaggine tattica e nel suo piano strategico due punti fondamentali: tatto nella gestione dei campioni, equilibrio (un po’ sui generis a dir la verità) in campo. Difficile aspettarsi due capisaldi da un “10” come ZZ, da sempre abituato ai successi per volere divino. La veronica brevettata nelle banlieue marsigliesi, che poi gli sarebbe servita su un campo con dimensioni ben più vaste, l’uso della testa che gli sarebbe valsa prima la Coppa del Mondo casalinga e poi gliene sarebbe costato un altro. In ogni caso tutto frutto del caso e del talento, quasi come se ci fosse lassù uno Zeus che gli dettasse la linea.
Da allenatore no, era tutto maledettamente più complicato e scegliere un onesto mestierante come Casemiro al posto del mammasantissima James non era la decisione più ovvia. E invece, col rischio di inimicarsi il madrilismo, ha individuato il brasiliano come primo cavaliere del suo regno ricordando le nozioni apprese in Italia. La gestione dei campioni, poi, ineccepibile. È riuscito a coinvolgere Ronaldo nel suo turnover scientifico (nel doppio impegno Zizou cambiava anche 7/11) promettendogli una forma massima nel finale di stagione. Ebbene, la grande bellezza che ne è venuta fuori, è stato un doblete che al Real Madrid mancava dal 1958, un Casemiro autore del gol che ha spianato la vittoria della squadra e un Ronaldo autore di 10 gol nella fase ad eliminazione diretta della Coppa dei Campioni.
Chapeau, monsieur Zizou!