Famiglia, sacrificio, talento: alla scoperta di Tommaso Milanese

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L’unica nota lieta della serataccia di Sofia in Europa League per la Roma porta un nome ed un cognome: Tommaso Milanese. Una sorpresa per moltissimi, che quando avranno visto il momentaneo pareggio degli uomini di Fonseca avranno certamente pensato: “E questo ragazzo da dove esce fuori? Quanti anni ha?”.

Queste domande, invece, non se l’è poste chi l’ambiente giallorosso lo conosce nei minimi dettagli, perché per Tommaso Milanese era solo questione di tempo. Era già sbocciato, a soli 18 anni, un profumatissimo e pregiato tulipano in quel di Trigoria, da tre mesi: mancava solo che diventasse per tutti colorato. Missione compiuta, ora per Tommaso arriva il bello (e il difficile).

Sacrifici e amore per il pallone

La vita di un calciatore ai più sembra facile e con tutti i comfort possibili e immaginabili. Spesso, non è così. Prendiamo il caso di Tommaso Milanese, un ragazzo umile, di famiglia lavoratrice che da sempre ha creduto in lui. Sì, proprio da sempre, perchè Tommaso a 12 anni abbandona la sua Martignano, cittadina in provincia di Lecce, per coltivare il grande sogno.

Qui entra in gioco una componente imprescindibile in queste storie, la famiglia. Bisogna fare una scelta: mandarlo alla Roma, alla corte di Bruno Conti, o tenerlo sotto il tetto di casa, coccolato come ogni mamma vorrebbe fare con il proprio figlio? Tommaso va, perché crede che lui diventerà un giocatore, un giorno, della Roma e di Serie A. E con lui anche la famiglia, che è stata sempre presente alle partite del ragazzo, tanto da accompagnarlo anche in trasferta, non abbandonandolo praticamente mai.

Si parte. E il percorso è simile a quello di tanti ragazzi che si trovano nelle stesse condizioni di Milanese: lontano dai genitori, con un diploma da ottenere, e con il campo che non può non essere nei tuoi pensieri. Una vita piena di sacrifici che nella serata di giovedì 10 dicembre, a Sofia, al minuto ventidue, sono stati ripagati. Ma non è abbastanza. Non è il tempo di fermarsi, bisogna crescere, stando, attaccato, con i piedi ben saldi a terra. Con una certezza: una casa Milanese ce l’ha, oltre a quella di Martignano, ed è la Roma, che è diventata da oramai 5 anni la sua seconda famiglia.

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Una fucina di talenti

L’arrivo a Trigoria, al settore giovanile della Roma, rappresenta un grandissimo punto di partenza per Milanese. Un ambiente, quello romano, adatto alla crescita calcistica ed umana dei ragazzi che ne fanno parte, con allenatori, tutor che seguono spasmodicamente la quotidianità dei giovani.

Molte volte essere in un settore giovanile rinomato come quello dei giallorossi potrebbe portare chi ne fa parte a perdere la testa, a sentirsi arrivato e realizzato. Non è il caso di Milanese che si è sempre messo in gioco, ha sempre faticato e tirato dritto. Un anno, il 2020, storicamente drammatico, non per Tommaso Milanese: la scorsa stagione ha regalato al talento della Roma prima la maglia numero 10 della Primavera e le chiavi della trequarti e poi, a settembre, la chiamata di Paulo Fonseca per essere stabilmente a disposizione della prima squadra.

Un vivaio, quello dei giallorossi, che conta innumerevoli, potenziali talenti, che sono stati e sono attualmente, come Milanese, stabilmente tra le selezioni delle rispettive nazionali minori. Da Zalewski a Talla, passando per Vicario, la qualità della rosa di De Rossi senior è altissima e seconda veramente da nessuno. Testimonianza di come i giovani in Italia ci siano, rispondano presente: basta solo dargli fiducia, buttarli nella mischia, dando libero sfogo alla tecnica, al talento, alla spensieratezza.

Il momento più difficile

Fino a poco tempo fa pochissimi conoscevano le qualità di Tommaso Milanese, che si alternava fra un campo di Trigoria e l’altro, cercando di “spulciare” dai più grandi. Il ragazzo ci ha sempre creduto e si gode adesso la luce dei riflettori. Proprio gli occhi addosso possono essere un’arma pericolosa e a doppio taglio: siamo pieni, soprattutto in Italia, di potenziali talenti che però non sono mai sbocciati.

Mastour, Boniperti, Santacroce sono solo alcuni dei ragazzi che non hanno poi saputo, per sfortuna o per responsabilità proprie, prendersi il palcoscenico che meritavano. Le loro piccole stelline sono state spente, piano piano, dall’ottemperata nebbia che ha avuto la meglio. Questo non deve assolutamente verificarsi nel destino di Milanese: dipende tutto da lui, solo il ragazzo può orientare le sue scelte, tenendo il profilo basso e partendo da quel minuto 22 in Bulgaria, senza ansia e senza paura. Un punto di partenza, non di arrivo: tutto deve partire adesso. Vietato fermarsi.